lunedì 26 marzo 2012

Fotografare il movimento




La rappresentazione di soggetti in movimento pone il fotografo davanti ad una scelta di carattere interpretativo, decidere di congelare l'azione nel momento della sua massima espressione oppure rappresentare il soggetto attraverso un effetto di mosso efficace.
Nella prima ipotesi non ci sono dubbi. Il soggetto esprime in maniera inconfondibile un'azione e fermare il movimento non toglie eccessivo dinamismo all'immagine. Nella fotografia sportiva o in quella naturalistica si ricorre spesso a questa scelta senza togliere espressività al gesto di un atleta o al movimento di un animale che corre.



Per congelare l'azione è necessario prima di tutto stabilire il tempo di posa, elemento che varia non solo in funzione della velocità del soggetto ma anche in relazione alla direzione dello stesso rispetto alla fotocamera. Un soggetto che si muove parallelamente rispetto al piano della pellicola richiede un tempo di posa più breve rispetto ad un soggetto che si muove a 45 gradi oppure perpendicolarmente allo stesso piano.
Quando i soggetti si muovono in maniera molto veloce, come nella fotografia sportiva, sono richiesti tempi di posa molto brevi, cosicchè, quando si voglia ottenere una certa profondità di campo e dovendo quindi impostare il diaframma su valori più chiusi, sarà necessario ricorrere ad una pellicola più sensibile (ISO più alti con una fotocamera digitale). E' per questo motivo che la fotografia sportiva richiede condizioni di luce ideali, poichè in condizioni di luce scarsa il fotografo è costretto ad utilizzare pellicole molto sensibili, con l'inevitabile comparsa di grana (rumore nel digitale).
Quando si decide di congelare l'azione è necessario individuare il momento migliore in cui scattare per esaltare la rappresentazione. Nella fotografia con soggetti umani si cerca di individuare il momento in cui i gesti o l'azione esprimono al meglio un certo significato, ma quando si fotografa un automobile in corsa non sempre fermare il movimento fornisce i risultati sperati poichè l'automobile potrebbe apparire ferma. L'alternativa in questi casi, ma non solo in questi, è rappresentata dall'utilizzo di un effetto di mosso che riesca ad imprimere allo scatto la massima forza espressiva. In questo caso verranno utilizzati tempi di posa più lunghi facendo in modo che l'effetto di mosso doni all'immagine la sensazione del movimento. Non è un compito facile poichè riuscire a individuare i giusti parametri richiede esperienza e, diciamolo pure, una certa dose di fortuna. Lo scatto è legato infatti al momento spesso irripetibile dell'azione e non è facile individuare e applicare con prontezza tutti i parametri. La tecnica del mosso è comunque molto affascinante con ogni tipo di soggetto e fornisce risultati molto particolari e di grande interesse creativo.


Esiste una tecnica di mosso molto efficace per dare incisività e dinamismo alle fotografie di soggetti in movimento, il cosiddetto panning.



Si tratta di una tecnica molto particolare con la quale si "rincorre" il soggetto muovendo la fotocamera nella sua stessa direzione ad una velocità che permetta di mantenere il soggetto all'interno dell'inquadratura effettuando poi lo scatto. I risultati sono di solito molto convincenti poichè lo sfondo risulta mosso fornendo dinamismo alla scena e la sensazione del movimento, mentre il soggetto principale risulta più o meno a fuoco. Non è necessario che quest'ultimo sia perfettamene a fuoco, anzi, una certa dose di mosso restituisce ulteriore dinamismo all'azione. E' necessaria un pò di pratica per ottenere i risultati sperati, ma si possono ottenere scatti davvero sorprendenti.
Una particolare tecnica di panning consiste nel seguire il soggetto a bordo di un'automobile o di una motocicletta. La fotocamera in questo caso è praticamente immobile e il panning è fornito dal mezzo sul quale ci troviamo. Naturalmente la tecnica è più efficace quando il soggetto si muove parallelamente al piano della pellicola.


mercoledì 7 marzo 2012

I filtri fotografici




Con l'avvento della fotografia digitale l'utilizzo dei filtri fotografici, già piuttosto trascurato nella fotografia analogica, è caduto quasi completamente in disuso. Per ottenere gli stessi effetti si preferisce ricorrere alle elaborazioni in camera chiara, rivolgendosi a strumenti sempre più sofisticati e potenti. Per comprenderne l'utilizzo è tuttavia necessario conoscere le modalità con cui i filtri fotografici intervengono alterando le condizioni di ripresa.
I filtri fotografici possono essere in gelatina, oppure in vetro o materiale plastico. Questi ultimi sono fissati su un supporto di forma circolare che permette di essere montato a vite o a baionetta davanti all'obiettivo. I filtri in gelatina, chiamati in questo modo perchè i primi filtri erano formati da una pellicola gelatinosa, sono costituiti da sottili lamine in materiale sintetico montate su telai di forma quadrata e facilmente intercambiabili, come nel sistema brevettato da Cokin.




Questo genere di filtri permette di essere utilizzato con tutti gli obiettivi, evitando al fotografo l'acquisto di filtri di diverso diametro da adattare alle varie ottiche.
I filtri in gelatina più famosi sono quelli del sistema Kodak Wratten. Nel 1912 la Eastman Kodak acquistò questo sistema dalle industrie Wratten e lo mise in commercio in una gamma molta estesa che copre tutte le applicazioni fotografiche. Molto conosciuti sono anche i sistemi prodotti dalla Fuji e dalla Lee Filters. Anche i filtri in gelatina vengono montati generalmente davanti alla lente dell'obiettivo, pur esistendo sistemi speciali, studiati per particolari obiettivi, che prevedono il montaggio del filtro dietro l'obiettivo. Al giorno d'oggi i filtri in gelatina sono abbastanza difficili da reperire, a meno di acquistarli attraverso internet a prezzi piuttosto alti.

Quando si decide di utilizzare un filtro fotografico, di qualunque tipo esso sia, bisogna considerare che assorbe una certa quantità di luce. E' necessario quindi tener conto del fattore di assorbimento per calcolare correttamente l'esposizione. Il fattore di assorbimento è generalmente indicato sulla montatura del filtro attraverso un numero seguito dalla lettera X. Si tratta di numeri in progressione geometrica che indicano le modifiche da apportare al tempo di esposizione oppure, in alternativa, al diaframma.
Un filtro con fattore di assorbimento 2X richiede un raddoppio del tempo di esposizione (1 stop), mentre un filtro 4X richiede di quadriplicare lo stesso tempo (2 stop), a parità di diaframma.
In alternativa si potrà modificare il diaframma lasciando inalterato il tempo di posa, allo stesso modo dell'esempio precedente, incrementando il diaframma di 1 o 2 stop. Un filtro con fattore di assorbimento 8X richiederà invece un incremento del tempo di posa o del diaframma di 3 stop (2x2x2). Per conoscere il valore in stop di tutti gli altri fattori di assorbimento bisogna rifarsi alle apposite tabelle poichè la variazione degli stop è legata ad una scala logaritmica e non aritmetica.

Le fotocamere reflex che calcolano l'esposizione attraverso il sistema TTL (through the lens) potrebbero far pensare ad una correzione automatica dei parametri esposimetrici, tuttavia il sensore lavora meglio quando calcola i valori attraverso la luce bianca e l'applicazione del filtro potrebbe falsare la lettura dei dati. Ricordiamoci quindi di calcolare l'esposizione e di moltiplicarla per il fattore di assorbimento prima di applicare il filtro.
Ricordiamo inoltre che tutti i filtri fotografici, anche quelli di ottima qualità, riducono lievemente la nitidezza a causa dello strato [vetro (materiale plastico) - aria] che si interpone davanti all'obiettivo. Vanno quindi usati tenendo conto della seppur lieve perdita di definizione delle nostre immagini. Anche per questo motivo è necessario tenerli sempre puliti ed evitare il più possibile di graffiarli.


FILTRI PER IL BIANCONERO

Nella fotografia bianconero vengono utilizzati i cosiddetti filtri di contrasto, che sono filtri colorati molto più densi di quelli usati per il colore. Sono definiti in questo modo perchè permettono di esaltare alcuni particolari che si confonderebbero, per la loro tonalità, con altri elementi della scena. Un tipico utilizzo viene fatto quando si voglia enfatizzare il colore del cielo per rendere maggiormente visibili le nuvole bianche.
Nonostante la maggior parte delle pellicole bianconero sia di tipo pancromatico, cioè sensibile a tutti i colori dello spettro (in realtà esse risultano più sensibili al rosso e al blu e meno al verde) e quindi in grado di registrare i colori, la differenza fra il rosso e il blu è meno evidente in una fotografia bianconero rispetto ad una fotografia a colori. E' per questo motivo che i filtri di contrasto possono aiutare il fotografo ad accentuare la differenza fra i diversi colori della scena.
I filtri di contrasto consentono, come i filtri utilizzati per il colore, di far passare in maniera prevalente i colori della stessa tonalità del filtro utilizzato e di limitare l'assorbimento degli altri colori. Un filtro arancio sarà quindi in grado di assorbire gli arancio e limitare l'assorbimento di tutti gli altri colori.
Limitare l'assorbimento significa semplicemente sottoesporre quei colori rendendoli più scuri di quanto siano realmente, mentre aumentare l'assorbimento dei colori dello stesso tipo di quelli del filtro significa sovraesporli, quindi renderli più chiari. E' per questo motivo che l'utilizzo di un filtro arancio in una fotografia bianconero rende il tono del cielo molto più scuro di quello ottenuto senza l'ausilio dello stesso filtro.




Come regola generale possiamo dire che ogni filtro schiarisce il proprio colore e scurisce quello complementare. Per conoscere l'influenza di ogni filtro sui toni delle nostre immagini basterà quindi osservare la ruota dei colori di Newton e vedere quali sono i colori dalla parte opposta a quella del filtro utilizzato:


colori complementari


Un filtro verde sarà quindi in grado di schiarire il fogliame e scurire una mela rossa o un campo di papaveri, mentre un filtro giallo sarà in grado di schiarire la pelle e scurire leggermente il colore del cielo. Un filtro arancio verrà usato per scurire in maniera marcata il cielo e schiarire la pelle nei ritratti, nascondendo rughe, efelidi e piccoli difetti della pelle. Un filtro rosso renderà il colore del cielo drammaticamente scuro e potrà essere utilizzato efficacemente nel glamour per schiarire la pelle rendendola molto bianca e levigata.


FILTRI PER IL COLORE

I filtri per il colore sono meno densi di quelli utilizzati per il bianconero e servono per ottimizzare la resa cromatica delle nostre immagini. Si suddividono in fitri di conversione e filtri di correzione.

I filtri di conversione sono utilizzati per adattare la temperatura colore della pellicola alle reali condizioni di luce presenti nell'ambiente.
Le pellicole fotografiche si suddividono generalmente in due categorie in relazione alla temperatura colore: pellicole per luce diurna normale o flash (5600K) e pellicole per luce al tungsteno o al neon (2700K).
Quando si utilizza una pellicola per luce diurna dentro una stanza illuminata da luce artificiale si noteranno vistose dominanti cromatiche color giallo-rosso che potranno essere corrette con l'utilizzo dei filtri di conversione.
Esistono due tipi di filtri di conversione: la serie 80 di colore blu e la serie 85 di colore ambra.
Il filtro di colore blu verrà usato per riprese in luce artificiale con pellicole per luce diurna (per eliminare l'eccesso di gialli), il filtro ambra verrà invece usato per riprese in luce diurna con pellicole per luce artificiale (per limitare la dominante blu).



I filtri di correzione (o compensazione) servono invece per correggere e compensare le piccole differenze cromatiche. Sono identificati dalla sigla CC (color compensating) e risultano piuttosto difficili da utilizzare visto che sarebbe necessario un termocolorimetro per misurare con esattezza le mutate condizioni di ripresa in relazione alla pellicola in uso.


FILTRI POLARIZZATORI

La polarizzazione è un fenomeno della fisica che produce un campo elettromagnetico nelle onde luminose riflesse da molte superfici. L'oscillazione che si viene a generare e la sua propagazione possono creare fenomeni di riflessione poco gradevoli.
E' possibile bloccare la luce polarizzata attraverso l'utilizzo di filtri polarizzatori che, oltre alla riduzione dei riflessi, contribuisce al miglioramento del contrasto per una maggiore saturazione cromatica.
Il filtro polarizzatore viene usato principalmente nella fotografia di paesaggio, in particolar modo per eliminare i riflessi prodotti dalle acque, ma anche per quelli prodotti dalle foglie e da altre superfici come le vetrate. Il suo uso non deve essere indiscriminato poichè l'eliminazione dei riflessi può apparire innaturale. 
Nella fotografia di paesaggio si rivela particolarmente utile per eliminare la foschia e per esaltare il colore del cielo o del mare.




Il filtro è montato su una ghiera rotante che permette di orientare l'asse  di polarizzazione per la regolazione dell'effetto.
Esistono due tipi di filtri polarizzatori: lineari e circolari. I filtri circolari vengono utilizzati con gli obiettivi autofocus.
Ogni fotografo dovrebbe possedere nella sua borsa almeno un filtro polarizzatore, perchè i risultati sono davvero sorprendenti.


FILTRI UV E SKYLIGHT

I filtri UV servono per assorbire parte delle radiazioni ultraviolette. Specialmente in alta montagna oppure al mare, dove i raggi del sole sono molto intensi, l'uso del filtro UV può servire per eliminare quell'effetto foschia che compare nelle nostre foto, permettendoci di ottenere una maggiore nitidezza. L'effetto è più evidente con le fotocamere analogiche, poichè le pellicole, pur avendo uno strato anti UV, risentono in particolar modo dei riflessi prodotti dalle radiazioni ultraviolette. Nella fotografia digitale il sensore sembra soffrire meno dei problemi dovuti alle radiazioni ultraviolette. Davanti al sensore è posto un filtro passa basso che, oltre a svolgere la funzione antialiasing, serve per eliminare la maggior parte dei raggi ultravioletti e infrarossi.
Nella maggior parte dei casi il filtro UV viene utilizzato come semplice protezione per le ottiche, a differenza del filtro skylight, un particolare filtro UV color salmone che svolge le stesse funzioni antifoschia dei filtri UV trasparenti, pur lavorando a frequenze leggermente diverse.





FILTRI ND

I filtri ND (neutral density) sono semplici filtri grigio neutro in grado di assorbire tutte le radiazioni dello spettro. Vengono utilizzati per ridurre il passaggio della luce e permettere di fotografare in condizioni di luce molto intensa e con tempi di posa anche molto lunghi. Il tipico utilizzo viene fatto quando si vogliano fotografare corsi d'acqua e dare un effetto sfumato a cascate o torrenti attraverso l'impostazione di lunghi tempi di posa. Vengono utilizzati anche quando si voglia ridurre la profondità di campo utilizzando diaframmi più aperti ma non sia possibile farlo a causa dell'eccessiva luminosità.
Sono disponibili con diverse densità identificate dalle sigle ND2, ND4, ND8 ecc. la cui cifra indica il fattore di assorbimento.
Un altro tipico utilizzo viene fatto nella fotografia architettonica quando si voglia eliminare completamente la presenza di persone davanti ad un palazzo o un monumento. Vengono utilizzati a questo scopo i filtri più potenti (ND400) e tempi di posa molto lunghi.





FILTRI INFRAROSSI

Il filtro IR lascia passare soltanto la parte invisibile dello spettro che si trova nella zona dell'infrarosso. L'utilizzo di questi filtri determina risultati davvero straordinari e di grande effetto creativo. Sono filtri piuttosto sottovalutati e meritano certamente di essere provati, sia con il bianconero, sia con il colore.





FILTRI DIFFUSORI

I filtri diffusori servono per ammorbidire le immagini riducendo il dettaglio e il contrasto. Vengono usati principalmente nella fotografia di ritratto per creare atmosfere sognanti e molto particolari. L'effetto del filtro diffusore si riduce molto chiudendo il diaframma, quindi è necessario lavorare ai diaframmi più aperti, che permettono oltretutto di ottenere una ridotta profondità di campo, spesso ricercata proprio nel ritratto. E' possibile costruire un filtro diffusore semplicemente con l'utilizzo di una semplice calza di nylon o di lycra fissata all'obiettivo con un elastico.





FILTRI SFUMATI

I filtri sfumati vengono anche definiti filtri digradanti e sono formati da una parte colorata sfumata verso il centro e una trasparente. Di forma rettangolare oppure circolare per essere avvitati agli obiettivi, sono di vari colori e permettono di equilibrare forti contrasti luminosi. In corrispondenza di un cielo sovraesposto si potrà porre per esempio la parte colorata lasciando la restante parte del fotogramma nel tratto trasparente del filtro.
L'esposizione va calcolata nella zona più scura del fotogramma, per esempio il terreno, prima dell'applicazione del filtro.
I risultati migliori si ottengono quando il passaggio fra le zone molto luminose e quelle più scure è lineare, come l'orizzonte piatto di una campagna. Infine ricordiamo che il passaggio fra la zona trasparente e quella sfumata sarà tanto più evidente quanto più aperto è il diaframma.