venerdì 20 gennaio 2012

Esposizione fotografica



La determinazione della corretta esposizione fotografica consiste nel calcolo della quantità di luce per unità di tempo che deve impressionare la pellicola, o il sensore nelle fotocamere digitali, per garantire una rappresentazione del soggetto fotografato più aderente possibile alle reali condizioni di luminosità presenti al momento dello scatto.
Vi sono due parametri da tenere presente: l'apertura del diaframma e il tempo in cui l'otturatore deve rimanere aperto per far entrare la luce.
Il diaframma serve a controllare la quantità di luce che colpisce la pellicola o il sensore. Non è altro che un dispositivo munito di un foro regolabile comandato manualmente o elettronicamente. E' contenuto all'interno dell'obiettivo e può essere paragonato all'iride dell'occhio. 




La regolazione del diaframma introduce il termine di "apertura", che viene rappresentata attraverso l'utilizzo del simbolo f/ seguito da un numero.
Gli intervalli con le varie aperture sono diversi a seconda del tipo di obiettivo e la sequenza dei valori non è altro che una progressione geometrica i cui intervalli vengono definiti stop. A valori più piccoli corrispondono diaframmi più aperti e viceversa, cosicchè il valore f/5.6 definisce un'apertura del diaframma più grande rispetto ad un valore f/11.
I numeri f sono calcolati in modo tale che diaframmando un obiettivo, ovvero chiudendolo di uno stop, per esempio da f/5.6 a f/8, si dimezza la quantità di luce che colpisce la pellicola.

L'otturatore è invece il dispositivo che regola il tempo in cui la luce entra attraverso il diaframma. Può essere meccanico o elettronico e di due tipi: centrale o a tendina.
L'otturatore centrale è formato da una serie di lamelle simili a quelle del diaframma (a iride) ed è posto all'interno dell'obiettivo. Poichè l'otturatore è comandato da un sistema di molle il tempo più veloce può essere di 1/500sec. o al massimo di 1/1000sec. e costituisce un limite quando vi siano condizioni di luminosità molto elevata o quando si debbano fotografare soggetti in movimento utilizzando tempi di scatto molto veloci per congelarne il movimento, come nella fotografia sportiva. L'otturatore centrale ha il vantaggio di permettere la sincronizzazione del flash su tutti i tempi di scatto.


otturatore centrale


L'otturatore a tendina  è posto invece sul piano focale, ovvero sullo stesso piano dove è posta la pellicola, e può essere in stoffa o metallo. E' composto da due tendine che scorrono verticalmente lungo il piano focale formando una fessura che lascia passare la luce.


 otturatore a tendina


Se il tempo richiesto è molto lento la prima tendina arriva a raggiungere il fine corsa prima che la seconda tendina entri in funzione oscurando la pellicola.
In caso di tempi più rapidi la prima tendina entra in azione e in base al ritardo della seconda si forma una fessura che impressiona il fotogramma progressivamente.

Per quanto riguarda i valori esposimetri vale lo stesso discorso fatto per i diaframmi, ovvero se si aumenta di uno stop il tempo di otturazione lasciando invariato il diaframma si raddoppia la quantità di luce che raggiunge la pellicola.


L'esposizione viene misurata in EV (Exposition Value) attraverso l'uso di un esposimetro, uno strumento in grado di calcolare la corretta coppia tempo-diaframma, e questo può essere di due tipi, a luce riflessa e a luce incidente.

Gli esposimetri a luce riflessa sono quelli che si trovano comunemente all'interno delle fotocamere e funzionano puntando la fotocamera verso la scena da fotografare. Il sensore posto sulla fotocomera misura la quantità di luce riflessa dal soggetto fotografato determinando i valori esposimetrici. I valori sono visualizzati all'interno del mirino attraverso un ago galvanometrico o un led che indica la corretta esposizione o la sovra-sotto esposizione.

Gli esposimetri a luce incidente sono invece esterni e devono essere posizionati accanto al soggetto da fotografare puntando la semisfera di cui sono dotati verso la fotocamera.

esposimetro esterno a luce incidente


Se il contrasto luminoso della scena è elevato bisogna puntare l'esposimetro anche verso la fonte luminosa e mediare la lettura.

Gli elementi fotosensibili contenuti all'interno degli esposimetri sono cambiati nel corso degli anni e sono il selenio, il solfuro di cadmio (CdS) e il silicio.

Il selenio, più precisamente il solfuro di selenio, reagisce alla luce emettendo una debole corrente elettrica misurata da un galvanometro. Ha bisogno di un'ampia superficie per funzionare e di una certa quantità di luce, cosicchè in scarse condizioni di luminosità non funziona correttamente. Il principio è lo stesso dei pannelli solari, che sono attivi solo in presenza di luce. E' piuttosto lento e ha bisogno di stabilizzarsi prima di poter effettuare una nuova lettura. Ha una vita più o meno lunga e, proprio a causa della luce, con il tempo si esaurisce. Per tutti questi motivi non viene più usato nelle moderne fotocamere.

Il solfuro di cadmio funziona come una resistenza facendo passare una certa quantità di corrente elettrica in funzione della luce presente, corrente che viene fornita da una pila. Il CdS è però piuttosto lento e ha bisogno di stabilizzarsi allo stesso modo del selenio, si dice quindi che soffra del cosiddetto "effetto memoria" che costringe il fotografo ad attendere un pò di tempo prima di effettuare una nuova lettura. A differenza del selenio, soggetto ad esaurimento, gli esposimetri al solfuro di cadmio funzionano sempre, semplicemente cambiando la pila quando questa è scarica.

Il silicio, come il selenio, emette una debole corrente elettrica se esposto alla luce, ma non è lento nella risposta come il selenio o il solfuro di cadmio, anzi, la risposta è molto rapida. Per questo motivo è utilizzato nelle moderne fotocamere digitali.

Gli esposimetri permettono di effettuare la lettura dei valori con diversi metodi, a seconda dei modelli. La lettura media viene effettuata su tutta l'area inquadrata e conduce spesso a risultati poco attendibili, specie in presenza di forti contrasti luminosi.
La lettura media con prevalenza centrale, detta anche semispot, è invece più precisa. Vengono effettuate due letture da due diversi sensori, che rilevano i dati sulla zona centrale e sul resto dell'area inquadrata, fornendo una media dei risultati ottenuti.
La lettura spot è un tipo di rilevamento che avviene soltanto su una zona ristretta dell'area inquadrata, e può essere regolata dall'operatore su diversi valori. Va utilizzata soltanto in taluni casi molto specifici, per esempio quando si debbano effettuare letture su una zona del soggetto che si ritiene illuminato in maniera corretta. E' il caso per esempio dell'inquadratura di un cantante il cui viso è illuminato dalle luci del palcoscenico in un contesto generale molto scuro. Una volta effettuata la lettura su quell'area, si bloccheranno i valori esposimetrici rilevati componendo poi la giusta inquadratura.
La lettura multizona o matrix è un metodo di lettura più recente e si basa sui dati forniti da diversi sensori che effettuano dei calcoli in base a determinati algoritmi confrontando poi i risultati con una serie di scene standard memorizzate nella fotocamera e scegliendo quindi i valori più appropriati. Questo sistema, brevettato da Nikon, è senza dubbio uno dei più avanzati ed è stato utilizzato per la prima volta sulla Nikon FA nel 1983.

Il calcolo dei valori esposimetri deve tener conto di un altro importante fattore: la sensibilità della pellicola fotografica (o del sensore). Una pellicola a bassa sensibilità richiede infatti un tempo di esposizione più lungo rispetto ad una pellicola più sensibile. Per questo motivo le pellicole a bassa sensibilità sono definite pellicole lente e quelle ad alta sensibilità pellicole veloci. La sensibilità di una pellicola si misura in ISO e/o ASA. Quanto più alto è questo numero tanto più sensibile è la pellicola. Anche in questo caso il passaggio da un numero ISO/ASA al successivo viene definito stop, cosicchè anche la quantità di luce raddoppia o si dimezza passando da un valore ISO ad un altro.



Gli esposimetri sono tarati per fornire una lettura che sia in grado di riprodurre in maniera corretta il tono medio, il quale corrisponde ad un valore di riflettanza del 18%. E' stato scelto questo valore perchè la superficie terrestre riflette in media il 18% della luce, ma una superficie perfettamente bianca, per esempio una parete illuminata dal sole, riflette circa l'85% della luce (Forti: "Fotografia - Teoria e pratica della reflex" pag. 163), mentre una parete nera riflette soltanto il 3-4% della luce. Questo ci indica che non sempre le indicazioni fornite dal nostro esposimetro possono riprodurre in maniera corretta i soggetti fotografati, specie quando vi siano forti contrasti luminosi.
L'esposimetro non conosce la differenza fra una parete bianca e una parete nera, considerandole entrambe come un superficie grigia al 18% i cui toni siano l'uno troppo chiaro e l'altro troppo scuro. L'esposimetro fornirà quindi una lettura sottoesposta della parete bianca e una lettura sovreaesposta di quella nera. Di conseguenza la parete bianca verrà riprodotta più scura rispetto a come la vediamo e la parete nera più chiara. Compito del fotografo, in presenza di situazioni di questo tipo, sarà di aprire il diaframma di uno o due stop per riprodurre correttamente la parete bianca, e di chiuderlo allo stesso modo per riprodurre correttamente quella nera.
Un fotografo attento saprà valutare all'interno della scena se vi siano dei particolari in grado di riflettere il tono medio, così da poter agevolare la lettura da parte dell'esposimetro. Una lettura effettuata su di un'area di tono medio potrà fornirci i corretti parametri di scatto, oppure potrà essere utilizzato uno degli appositi cartoncini grigi al 18% facilmente reperibili nei negozi di fotografia. Su di esso si punterà la nostra fotocamera e, bloccando i valori esposimetrici, si effettuerà lo scatto. Facciamo notare che è per questo motivo che molte fotografie scattate sulla neve riproducono un tono più grigio di quello realmente esistente al momento dello scatto. Lo stesso succede quando si fotografa la superficie molto illuminata del mare. Il risultato sarà quasi sempre di riprodurre un tono dell'acqua molto più scuro di quello reale. E' solo conoscendo il modo in cui lavora un esposimetro che si potranno scattare fotografie più belle e  correttamente esposte.


1 commento:

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