martedì 31 gennaio 2012

Le pellicole fotografiche



La pellicola fotografica potrebbe essere definita come il supporto usato nelle fotocamere analogiche per la registrazione dell'immagine latente di una fotografia, trasformata poi attraverso lo sviluppo in un'immagine stabile e conservabile. La pellicola è composta da diversi strati, fra cui un supporto in materiale plastico, uno strato antialo per evitare riflessi all'interno dell'emulsione, e degli strati di alogenuro d'argento per la registrazione dell'immagine.
Nonostante la diffusione delle fotocamere digitali abbia costretto molte case a ridurre la propria offerta, esiste in commercio un'ampia scelta di pellicole, specie per il piccolo e medio formato. Possiamo quindi affermare che la fotografia analogica non è morta e che una schiera di fotoamatori sparsa in ogni parte del mondo continua ad utilizzare con soddisfazione le fotocamere a pellicola.
Nel corso degli anni i materiali sensibili hanno subito un notevole miglioramento e le emulsioni moderne garantiscono caratteristiche di risolvenza davvero elevate, riuscendo in taluni casi a "mettere in crisi" le ottiche degli migliori obiettivi. Uno dei vantaggi più evidenti della migliorata qualità delle emulsioni, anche alle sensibilità più elevate, è la possibilità di effettuare scatti a mano libera in ambienti poco illuminati ottenendo risultati più che soddisfacenti.
Ne è passato di tempo da quando la schiera dei fotografi si divideva fra coloro che potevano permettersi la qualità di un dagherrotipo e coloro, solitamente fotoamatori, che si accontentavano del più semplice ed economico calotipo. Le emulsioni moderne garantiscono risultati di grandissima qualità, specie quando vengano utilizzate fotocamere di medio e grande formato e lo svilluppo venga effettuato con rivelatori ad alta acutanza. Le stampe che si possono ottenere, anche effettuando forti ingrandimenti, garantiscono risultati di grande rilievo.
La prima considerazione che possiamo fare riguarda la sensibilità delle emulsioni. Esistono pellicole con vari gradi di sensibilità alla luce, capaci cioè di registrare un'immagine più o meno fedelmente a seconda della quantità di luce presente al momento dello scatto. Per ottenere un'immagine leggibile una pellicola di bassa sensibilità richiede una quantità di luce maggiore rispetto ad una pellicola di più alta sensibilità. La sensibilità di una pellicola viene anche definita con il termine di velocità o rapidità dell'emulsione nel reagire alla luce, cosicchè una pellicola di bassa sensibilità viene definita lenta perchè richiede un tempo più lungo per essere esposta correttamente rispetto ad una pellicola più sensibile.
La sensibilità di una pellicola veniva identificata in passato attraverso l'utilizzo di due sistemi di misurazione diversi, il sistema americano ASA (American Standard Association) e quello tedesco DIN (Deutsche Industrie Norm). La scala ASA è una scala lineare codificata negli Stati Uniti e utilizzata sia in Europa sia in Giappone, mentre la scala DIN è stata codificata negli anni Trenta in Germania ed è una scala logaritmica. La scala ISO (International Standard Organization), anch'essa lineare, è entrata in uso nel 1982 unificando di fatto i sistemi precedenti. Oggi viene utilizzata anche nella fotografia digitale per indicare la sensibilità del sensore.
Come ho ricordato nell'articolo sull'esposizione fotografica, a parità di diaframma una pellicola 200ASA richiede una quantità di luce doppia rispetto ad una pellicola 400ASA, quindi si può intuire come la scelta di una pellicola determini un certo orientamento sulla scelta dei tempi di esposizione e dei diaframmi. Una pellicola più sensibile potrà infatti garantire l'utilizzo di diaframmi più chiusi e tempi di scatto più veloci, mentre una pellicola meno sensibile richiederà tempi di posa più lunghi e diaframmi più aperti; il che equivale a dire che in una giornata molto luminosa, per esempio su una spiaggia assolata, sarà possibile utilizzare una pellicola di bassa sensibilità, mentre in condizioni di scarsa luce ambientale, per esempio al tramonto o in ambienti chiusi poco illuminati, è auspicabile l'utilizzo di una pellicola più sensibile, la quale, per i motivi appena citati, potrà anche essere utilizzata nella fotografia sportiva, laddove appunto siano necessari tempi di posa molto brevi.




Le pellicole con valori da 25 a 64 ASA/ISO (15-20 DIN) sono definite pellicole lente a bassa sensibilità. Le pellicole con valori da 125 a 400 ASA/ISO (22-27 DIN) sono definite pellicole di moderata-media lentezza e di moderata-media sensibilità. Le pellicole con valori oltre 500 ASA/ISO (28DIN) sono considerate pellicole veloci ad alta sensibilità.
Dalla sensibilità delle pellicole, che deriva dalla forma e dalla dimensione dei grani contenuti all'interno dell'emulsione, dipende in parte la definizione. Pellicole ad alta sensibilità offrono dettagli meno definiti e presentano una grana più visibile poichè i cristalli dell'emulsione sono effettivamente più grandi rispetto a quelli di una pellicola di bassa sensibilità, specie nelle stampe fortemente ingrandite da negativi di piccolo formato. E la grandezza maggiore dei grani contenuti nelle pellicole ad alta sensibilità ci fa capire il motivo per cui una pellicola viene definita in questo modo. Un cristallo di maggiori dimensioni offre infatti una maggior superficie ai fotoni che devono impressionare la pellicola. I grani di maggior dimensione rendono la pellicola più reattiva alla luce, diminuendo i tempi necessari per favorire la creazione dell'immagine latente, rendendo la pellicola ad alta sensibilità una pellicola "veloce".
Ma non è soltanto a causa della granulosità che possiamo stabilire la definizione di una pellicola. Essa dipende dall'unione di questa con il potere risolvente e con l'acutanza.

Il potere risolvente è dato dal numero di linee per millimetro che l'emulsione è in grado di separare, ma anche dal tipo di obiettivo usato e dal trattamento di sviluppo. Il risultato finale stabilirà il grado di risolvenza effettiva che l'intero sistema sarà in grado di produrre.

L'acutanza è invece il parametro che stabilisce la nitidezza, ovvero la capacità di riprodurre i dettagli. Una pellicola ad alta acutanza rende i dettagli più definiti poichè aumenta la nitidezza degli stessi, ovvero la possibilità di distinguere nettamente il passaggio fra un tono e l'altro. E' per questo motivo che l'acutanza viene anche definita con il termine di "effetto bordo".
L'acutanza potrà essere resa nel modo migliore attraverso un corretto sviluppo, ovvero con l'utilizzo di rivelatori specifici in grado di restituire il potenziale di acutanza offerto dall'emulsione.
Una pellicola ad alta acutanza non è detto che abbia anche un alto potere risolvente e viceversa, cosicchè il risultato finale e dunque la definizione di una pellicola è data dalla sommatoria di tutti i parametri: granulosità, potere risolvente, acutanza.

Vi è poi un altro parametro da tenere presente nel valutare una pellicola e stabilire il grado di nitidezza dell'immagine, ovvero il contrasto. Esso stabilisce la capacità di differenziare in maniera più o meno evidente il passaggio fra un tono e l'altro. Un'immagine con alto contrasto ci apparirà più nitida, poichè lo scarto di luminosità fra un tono e l'altro sarà più evidente, stabilendo così una gamma tonale più ristretta.


alto contrasto


contrasto medio

basso contrasto


Mentre l'acutanza stabilisce la nitidezza effettiva dell'immagine, il contrasto determina soltanto una nitidezza apparente, poichè l'occhio viene ingannato da questo repentino passaggio fra un tono e l'altro che determina una sensazione di maggior nitidezza dell'immagine stessa. E' per questo che l'uso delle maschere di contrasto nelle immagini digitali è un processo molto diffuso in camera chiara. Esso contribuisce a dare la sensazione che l'immagine sia più nitida di quanto sia realmente.

Le pellicole comunemente usate sono quelle fra i 100 e i 200 ASA. Sono pellicole con una buona resa generale, sia per quanto riguarda il potere risolvente, (numero dei dettagli visibili), sia per quanto riguarda la latitudine di posa (estensione della gamma tonale) e la finezza della grana.
Questi parametri sono influenzati dal tipo di ottica usata e dal trattamento di sviluppo della pellicola. Questo significa che una pellicola come la Adox CMS 20Asa, che vanta una risolvenza pari a 800 linee per mm., quindi adatta alla riproduzione fotomeccanica (microfilm), darà il meglio di sè con obiettivi di ottima qualità e un adeguato processo di sviluppo.
Ogni pellicola presenta caratteristiche particolari e non è detto che una pellicola con un potere risolvente elevato abbia necessariamente una latitudine di posa elevata. Una pellicola come la Technical Pan della Kodak, con una risolvenza fra le 400 e le 500 linee per mm., offre una latitudine di posa fra le più scarse, poichè è stata concepita per la fotografia astronomica e la microfilmatura.
Le pellicole più versatili restano comunque le 400ASA, in grado di essere usate in svariate condizioni di luminosità e di "sopportare" piccoli errori nell'esposizione.

La qualità delle emulsioni ha subito una svolta nel 1982 con l'introduzione delle pellicole T-Grain. Il termine indica la struttura dei cristalli di alogenuro d'argento (Tabular Grain) che, oltre ad essere piatti, risultano più grandi, esponendo quindi una maggiore superficie alla luce, ma anche di forma più regolare rispetto ai grani delle emulsioni tradizionali.


cristalli T-Grain


Visto che sono in grado di assorbire più luce rispetto ai grani tradizionali, si possono ottenere emulsioni con grani più piccoli e dunque una definizione maggiore, a parità di sensibilità, rispetto ai grani tradizionali.
La prima pellicola che utilizzava grani tabulari è stata la Kodacolor VR1000, con sensibilità di 200 e 400 ASA.
In seguito le maggiori case hanno sviluppato tecnologie sempre più raffinate mettendo sul mercato prodotti di grande qualità.
Oggi si possono trovare pellicole a grani tabulari molto valide, come le pellicole per il bianconero Fuji Acros 100, Kodak T-Max e Ilford Delta.

La grana di una pellicola è un elemento caratterizzante di ogni singolo scatto, determinando risultati diversi nello sviluppo e nella stampa. Questo è dovuto alla casualità nella disposizione dei grani sull'emulsione, cosicchè possiamo affermare che una stampa analogica rappresenta un "unicum" irripetibile. Cosa che non avviene nell'immagine elettronica, formata da pixel disposti ordinatamente, seppure con intensità diversa, in ogni singola immagine.

Nel valutare i parametri con i quali ci apprestiamo a considerare i corretti parametri esposimetrici dobbiamo tener presente che la sensibilità di una pellicola rappresenta un valore nominale determinato in laboratorio dal produttore, e non sempre corrisponde a quello effettivo dell'emulsione. Il produttore dichiara infatti un valore di sensibilità generalmente più basso nelle negative a colori per limitare la tendenza alla sottoesposizione, difetto piuttosto diffuso fra i dilettanti. Nelle pellicole invertibili a colori, le diapositive, i produttori tendono invece a dichiarare una sensibilità superiore per contrastare le possibili sovraesposizioni, mal sopportate dalle diapositive per la loro scarsa latitudine di posa.
Conoscere le pellicole con le quali lavoriamo ci consente quindi, assieme all'uso corretto dell'esposimetro, tarato anch'esso su valori che dobbiamo imparare a conoscere, di ottenere scatti correttamente esposti.


mercoledì 25 gennaio 2012

Manuale Yashica Mat 124 G


Yashica Mat 124 G

DATI TECNICI

Tipo: Fotocamera a reflex binoculare per pellicole tipo 120 (12 pose) o 220 (24 pose).
Obiettivo: Yashinon 3,5/80 mm. composto da 4 lenti in 3 gruppi (schema Tessar)
Otturatore: Copal-SV con tempo di posa da 1 a 1/500 sec. e posa B; autoscatto; sincronizzazione flash mediante selettore su X o M; sicura del pulsante di scatto.
Sistema di traguardazione: Obiettivo Yashinon 2,8/80 mm.; vetro smerigliato con lente di Fresnel; lente supplettiva per una migliore messa a fuoco, con ingranditore di 3x; mirino sportivo ricavato dal cappuccio paraluce per traguardare tenendo la fotocamera all'altezza dell'occhio.
Esposimetro: incorporato, al solfuro di cadmio (CdS), del tipo a collimazione di un ago mobile previa selezione del tempo di posa; sensibilità considerate da 25 a 400 ASA; interruttore del circuito elettrico di alimentazione accoppiato con cappuccio paraluce; segnale luminoso sul corpo dell'apparecchio; alimentazione: una pila al mercurio da 1,3 V.
Trascinamento della pellicola: a mezzo manovella con blocco automatico dell'avanzamento dopo ogni singolo fotogramma; accoppiato con l'otturatore; contafotogrammi ad azzeramento automatico; con conteggio delle pose già eseguite.
Messa a fuoco: le ampie dimensioni del comando a ciò preposto facilitano la regolazione della messa a fuoco; scala delle distanze in metri e in piedi (da 1 metro o da 3,3 feet all'infinito).
Altre caratteristiche: scala dei diaframmi da f/3,5 a f/32; piastrina pressa-pellicola regolabile per 12 e 24 pose; finestrella-spia della pellicola caricata; ghiera filettata per scatto flessibile; dorso ribaltabile; tabella di conversione ASA-DIN; attacco a baionetta per il montaggio di filtri con diametro 30mm.
Dimensioni: mm. 77x148x101 – Peso: 1100 g.


INSERIMENTO DELLA BATTERIA ESPOSIMETRICA

Ruotare verso sinistra il coperchietto della sede della batteria; tolto il coperchio, inserire una pila al mercurio da 1,3 V. del tipo Mallory PX-13 B oppure Eveready EPX-13 o altre simili. Attenzione all'esatta disposizione del simbolo + verso l'esterno.



ESATTA REGOLAZIONE DELL'ESPOSIZIONE

Ruotare il disco che comanda l'impostazione dei valori sensitometrici della pellicola impiegata, espressi in ASA, fino a che il valore ASA di quest'ultima risulti corrispondente, nella finestrella-spia, con la tacca rossa di riferimento.

Impostare con l'apposito disco di comando il tempo di posa desiderato. L'ago corrispondente, nella finestrella-spia, è accoppiato con l'otturatore: agendo sul comando per l'impostazione dei tempi di posa si potrà osservare, all'interno della finestrella-spia dell'esposimetro, come detto ago si sposti rispetto a una tacca di riferimento fissa.


La messa in funzione dell'esposimetro avviene automaticamente all'atto della apertura del cappuccio-paraluce.

Quando non si impiega la fotocamera sarà buona norma ricordarsi di chiudere sempre il cappuccio-paraluce: soltanto così avverrà l'interruzione del circuito esposimetrico, con risparmio della batteria.


Si ruoti il disco di comando dei diaframmi in modo che l'ago mobile giallo (accoppiato con il diaframma) venga a collimare esattamente con l'ago rosso (accoppiato con l'otturatore): l'operazione è visibile nella finestrella-spia dell'esposimetro.


La corretta combinazione tempo-diaframma può essere rilevata nella finestrella per il controllo delle coppie formate da tempo di posa e diaframma.

L'esatta collimazione dell'ago di color giallo (Y) con quello di color rosso (I) indica che la fotocamera è stata correttamente impostata, almeno per quanto riguarda l'esposizione.

Se non fosse possibile portare l'ago di color giallo a sovrapporsi a quello dell'esposimetro, occorrerà variare l'esposizione del tempo di posa. Se, per quanto si faccia, non si riesce mai ad impostare una coppia tempo-diaframma tale da ottenere l'esatta collimazione dei due aghi di riferimento, questo significa che ci si trova di fronte a condizioni di luce tali da non permettere la realizzazione di una buona foto, senza ricorrere a mezzi ausiliari.



VALORI SENSITOMETRICI IN ASA

Il valore ASA indica la sensibilità della pellicola impiegata: detto valore è riportato sulle confezioni di imballo della pellicola stessa o sul foglietto allegato.

SCALA DEI VALORI ASA

25    32    40    50    64    80    100    125    160    200    250    320    400


TEMPI DI POSA

Sole splendente                                1/500 – 1/250 di sec.

Leggermente coperto                         1/250 – 1/125 di sec.

Nuvoloso o piovigginoso                      1/60 – 1/30 di sec.

Interni                                             1/30 di sec. o più lento

Pose                                               1 sec. oppure posa B


Effettuare prima l'impostazione del tempo di posa e quindi quella del diaframma, mediante collimazione dei due aghi mobili.


LA MESSA  A FUOCO

La lente di ingrandimento della fotocamera viene ribaltata in posizione di lavoro mediante una semplice, leggera pressione esercitata sul frontale del cappuccio paraluce.

Per la messa a fuoco, si ruoti il pomello che regola l'impostazione della distanza di ripresa e si osservi l'immagine che compare sul vetro smerigliato. Quando questa sarà a fuoco, potrete allora procedere alla sua composizione.






INSERIMENTO DELLA PELLICOLA

Per sbloccare il dorso della fotocamera (o coperchio) si ruoti su O (= Open) il disco che si trova sulla parte inferiore della fotocamera e in cui è stata ricavata la ghiera per il cavalletto: questo determinerà immediatamente l'apertura a scatto del dorso della fotocamera.

All'atto dell'apertura della fotocamera il contafotogrammi si azzera automaticamente, portandosi automaticamente sulla posizione S (= Start).

Dopo l'estrazione dell'asse dove impernia la bobina vuota ricevitrice (asse superiore), questa potrà essere collocata nella sua sede ove si bloccherà rilasciando il pulsante precedentemente estratto.



Per l'impiego di una pellicola tipo 120 (12 pose) occorre spostare la piastrina pressa-pellicola in direzione della freccia – agire con entrambi i pollici – fino a che risulta visibile la scritta in verde “12 EX” (= 12 pose): detto spostamento avverrà verso il basso. La piastrina pressa-pellicola dovrà invece essere spostata verso l'alto, sempre secondo la direzione della freccia e fino a che compaia ben leggibile la scritta in rosso “24 EX” (= 24 pose), quando si utilizza un film tipo 220 (24 pose).

Attenzione: Lo spostamento della piastrina su 12 EX o viceversa su 24 EX deve essere effettuato con entrambi i pollici, regolarmente e con precisione: a spostamento effettuato controllate, premendo leggermente la piastrina stessa, se la molletta di quest'ultima funziona correttamente. Un errato spostamento della piastrina pressa-pellicola, visibile da un imperfetto posizionamento delle asole della piastrina stessa, può causare noie al sistema di avanzamento della pellicola o l'impossibilità di una perfetta messa a fuoco: per rimediare a questi inconvenienti ci vuole solo un poco di attenzione.


Il contenitore contenente la bobina da impressionare potrà essere sistemato nella sua sede previa estrazione del pulsante inferiore su cui è montata la forcella di trascinamento della bobina stessa. Detto pulsante dovrà essere risospinto in sede dopo aver sistemato la bobina nella sua sede.

Svolgere un poco, e con molta prudenza, lo spezzone iniziale della pellicola: questo dovrà essere portato all'altezza della bobina vuota e qui inserito nella feritoia su di questa ricavata. La coda dovrà essere inserita bene a fondo, per essere certi che il trasporto della pellicola avverrà in modo ineccepibile.

Dopo essersi accertati che il film è stato caricato nel modo dovuto, si agirà lentamente sulla manovella di avanzamento, ruotandola verso destra, al fine di controllare che il film si svolge come dovuto.


Si determini ora un avanzamento della pellicola continuo, fino a veder collimare le due frecce di riferimento – sulla pellicola, - con la tacca di riferimento sulla fotocamera: triangolo verde per film 120 (12 pose) – triangolo rosso per film 220 (24 pose).


Ora si può richiudere il dorso della fotocamera, bloccandolo mediante rotazione su “C” (= Closed) del pomello azionato per l'apertura del coperchio. Fare attenzione allo scatto che indica l'avvenuto bloccaggio del sistema di chiusura del dorso.


Ora nella finestrella del contafotogrammi apparirà la lettera “S” (= Start). Dopo la chiusura del dorso e azionamento della manovella di trascinamento – agire sempre con lentezza – apparirà la cifra “1” che indica che la prima foto è pronta per essere impressionata.


MANOVELLA DI TRASCINAMENTO DELLA PELLICOLA

Dapprima si ruoti la manovella di trascinamento sino al suo arresto sulla posizione “1”. La pellicola è stata fatta avanzare di un fotogramma.


Successivamente la si ruoti verso sinistra: questo determinerà la messa in tensione dell'otturatore.

Attenzione: dopo aver effettuato una posa – cioè una foto con un tempo di esposizione compreso tra 1 sec. e 1/15 di sec.  - occorre attendere che l'otturatore si sia completamente richiuso, prima di determinare il successivo avanzamento della pellicola.


LA FINESTRELLA-SPIA

Anche dopo aver richiuso il coperchio della fotocamera potrete controllare, a mezzo dell'apposita finestrella-spia ricavata superiormente alla manovella di trascinamento, se e con quale tipo di pellicola è stata caricata la fotocamera. Per i films 120 si vedrà comparire la cifra 12 in verde; la cifra 24, in rosso, per le pellicole 220.


Dopo aver caricato la pellicola, si regoli l'indicatore del tipo di pellicola indicato, ruotandolo in modo che nell'apposita finestrella-spia appaiano i simboli:

DAY R    pellicola invertibile a colori per luce diurna
DAY N    pellicola negativa a colori per luce diurna
TUNG R  pellicola invertibile a colori per luce artificiale (lampade al tungsteno)
B & W    film in bianco e nero
EMPTY   quando nella fotocamera non vi siano caricate pellicole





ESTRAZIONE DELLA PELLICOLA

Non appena appare nella finestrella del contafotogrammi la cifra 12 – naturalmente con un film 120 – questo significa che avete raggiunto l'ultima foto a disposizione. Se ora ruotate ancora un poco la manovella di trascinamento, comparirà la cifra 13. A questo punto non vi resta che proseguire a ruotare la manovella di trascinamento fino a che tutta la pellicola sia stata portata sulla bobina ricevente.


Lo stesso vale in sostanza per la pellicola a 24 pose – cioè tipo 220. Su questa, subito dopo la cifra 24 compare un punto di riferimento. Continuate anche qui a ruotare lentamente la manovella di trascinamento fino a che la pellicola non si sia totalmente portata sulla bobina ricevente.

Ruotare il pomello di chiusura su “O” (= Open) e ribaltare il dorso della fotocamera.
Estrarre il dispositivo superiore di bloccaggio della bobina e allontanare dalla sua sede la bobina con la pellicola esposta. Incollare la coda terminale per evitare un eventuale svolgimento della pellicola stessa.



SICURA DI SCATTO

A questo punto è consigliabile estrarre immediatamente la bobina vuota dalla sua sede inferiore e spostarla in quella superiore. Questo vi faciliterà l'introduzione della pellicola successiva.

La levetta posizionata sulla montatura del pulsante di scatto comanda il sistema di bloccaggio di detto pulsante, si che spostandola su “L” (= Lock) si eviterà il pericolo di esposizioni involontarie.



CONSIGLI PER MIGLIORARE LE VOSTRE FOTO

Fotografia a colori: con le pellicole a colori i migliori risultati si ottengono con soggetti quanto più possibile illuminati  frontalmente. Un uniforme ripartizione delle luci è la premessa indispensabile per una buona riproduzione dei colori.

Fotografia all'aperto: fotografando all'aperto, e con pellicola a colori, è senz'altro buona norma servirsi di paraluce – da montare sull'obiettivo di ripresa – al fine di evitare i fastidiosi effetti derivanti da luci laterali o da eventuali riflessioni all'interno del campo fotografato.

Il controluce: la precisione dell'esposimetro al CdS incorporato nella vostra fotocamera è perfetta persino fotografando in controluce: la lettura dei valori esposimetrici avverrà come per le riprese normali. Tuttavia, se volete tenere alquanto più chiaro il soggetto principale, occorrerà effettuare una misurazione esposimetrica ravvicinata, portandosi cioè con la fotocamera vicino al soggetto e impostando i valori che così si ottengono.



L'IMPIEGO DEI FILTRI

In presenza di luce solare molto intensa, sulla neve o sulla spiaggia si ricorre normalmente ad un filtro per attenuare l'intensità della luce presente. Occorre logicamente fare attenzione al fattore del filtro, per il quale va moltiplicato il tempo di posa. Se per esempio, fotografando in bianco e nero, si utilizza un filtro giallo Y2 (fattore 2x) si dovrà raddoppiare il tempo di posa. Ammettiamo che la lettura esposimetrica abbia dato una combinazione di 1/250 sec. con diaframma 8: allora, montando il suddetto filtro giallo, si potranno disporre delle due seguenti combinazioni:

- 1/125 sec. e diaframma inalterato, cioè 8

oppure

- diaframma 5,6 e tempo invariato, cioè 1/250 di sec.



LE FOTO CON LUCE LAMPO

Se ci si vuole avvalere di un lampeggiatore flash (a lampadine) o di un lampeggiatore elettronico, si potrà usufruire, per la connessione di queste due apparecchiature alla fotocamera, della guida a incastro presente su quest'ultima oppure di una staffa di raccordo, da avvitarsi alla ghiera per cavalletto reperibile sulla parte inferiore della fotocamera: il cavetto sincro di entrambe le apparecchiature flash dovrà essere collegato alla boccola di contatto flash della fotocamera.
Per l'esatta impostazione del diaframma ci si dovrà riferire ai numeri-guida del flash, che variano a seconda della classe delle lampadine utilizzate o del lampeggiatore elettronico a disposizione. L'esatto diaframma sarà ottenuto dividendo il numero guida relativo alla sensibilità della pellicola impiegata per l'approssimativa distanza intercorrente tra il flash e il soggetto.
Utilizzando lampadine flash del tipo “M” occorrerà spostare la levetta del sincronizzatore flash sulla posizione “M”; sulla posizione “X” utilizzando lampadine flash del tipo “F”, o un lampeggiatore elettronico.



    Tipo del flash                     Sincronizzazione               Tempi di posa

    lampadine “M”                             M                                tutti
    lampadine “F”                              X                        1/30 sec. o+lenti
    lampeggiatore elettronico              X                                 tutti



Il numero-guida relativo alle lampadine flash è riportato sulla loro confezione di imballo; quello del lampeggiatore elettronico, sul corpo del lampeggiatore stesso.


L'AUTOSCATTO

Per l'impiego dell'autoscatto il selettore sincro deve essere impostato su “X”.

Mettere in tensione l'otturatore mediante l'apposita manovella e mettere parimenti in tensione il dispositivo dell'autoscatto, spostando l'apposita levetta in direzione della della freccia.

Premere il pulsante di scatto. L'otturatore tarderà ad aprirsi, per un tempo che va da ca 6 a 15 sec.
E' opportuno, ricorrendo all'autoscatto, montare la fotocamera su di un cavalletto o su qualsiasi altro supporto fisso.

Attenzione: non usare l'autoscatto sulla posizione sincro “M”. Potrebbero derivarne danni all'otturatore.



LA REGOLAZIONE B – LO SCATTO FLESSIBILE

Quando si imposta la posizione dell'otturatore contrassegnata con “B”, l'otturatore rimarrà aperto per tutto quel tempo in cui dura la pressione esercitata sul pulsante di scatto.
Questa impostazione su “B” è particolarmente utile quando si abbia a lavorare in condizioni di luce molto sfavorevole.
Già abbiamo visto come con tempi di posa superiori ad 1/30 sec. è buona norma montare la fotocamera su uno stativo. Ancora meglio ricorrere anche ad uno scatto flessibile che eliminerà completamente qualsiasi pericolo di imprimere delle oscillazioni seppur lievi alla fotocamera. Detto scatto flessibile verrà avvitato nella ghiera ricavata sul pulsante di scatto.



LA PROFONDITA' DI CAMPO

La profondità di campo, relativa ad un determinato diaframma e a una determinata distanza di ripresa, può essere rilevata sull'anello omonimo, riportato superiormente alla montatura del pomello per la messa a fuoco. Esso permetterà pertanto di rilevare, con qualsiasi impostazione della distanza di ripresa, quale diaframma occorra scegliere al fine di avere un determinato campo a fuoco anteriormente e posteriormente al soggetto su cui si è effettuata la messa a fuoco. Se per esempio con diaframma 22 si è impostata una distanza di messa a fuoco di 3 metri, si avrà a disposizione un campo di profondità focale che si estende da ca 2 metri a ca 6 metri ( i metri sono riportati sulla scala superiore del pomello di impostazione delle distanze).



MIRINO A TRAGUARDO O SPORTIVO

Nelle riprese di soggetti interessati da un rapido effetto di movimento, vi sarà molto utile il mirino a traguardo, che vi permetterà di seguire il soggetto portando la fotocamera all'altezza degli occhi.
Abbassare, premendolo, il frontale del cappuccio paraluce, fino a che questo si blocca. Per chiuderlo premere l'apposito pulsante di sblocco.



IL PARALUCE

Montatura a baionetta diametro 30 mm.

Particolarmente raccomandabile fotografando in controluce, o con una illuminazione decisamente laterale, nelle riprese con luce molto intensa, sulla neve o al mare.



I FILTRI

Per migliorare la qualità delle riprese scattate con sole molto luminoso o in montagna e anche per ottenere effetti molto particolari, sarà bene ricorrere a un filtro.
Per la fotografia a colori sono disponibili i seguenti tipi: 1A, 80B, 82A, 85.
Per la fotografia in bianco e nero: UV (filtro ultravioletto), ND2 (grigio neutro), Y2 (giallo), O2 (arancione), R1 (rosso), G1 (verde).










venerdì 20 gennaio 2012

Esposizione fotografica



La determinazione della corretta esposizione fotografica consiste nel calcolo della quantità di luce per unità di tempo che deve impressionare la pellicola, o il sensore nelle fotocamere digitali, per garantire una rappresentazione del soggetto fotografato più aderente possibile alle reali condizioni di luminosità presenti al momento dello scatto.
Vi sono due parametri da tenere presente: l'apertura del diaframma e il tempo in cui l'otturatore deve rimanere aperto per far entrare la luce.
Il diaframma serve a controllare la quantità di luce che colpisce la pellicola o il sensore. Non è altro che un dispositivo munito di un foro regolabile comandato manualmente o elettronicamente. E' contenuto all'interno dell'obiettivo e può essere paragonato all'iride dell'occhio. 




La regolazione del diaframma introduce il termine di "apertura", che viene rappresentata attraverso l'utilizzo del simbolo f/ seguito da un numero.
Gli intervalli con le varie aperture sono diversi a seconda del tipo di obiettivo e la sequenza dei valori non è altro che una progressione geometrica i cui intervalli vengono definiti stop. A valori più piccoli corrispondono diaframmi più aperti e viceversa, cosicchè il valore f/5.6 definisce un'apertura del diaframma più grande rispetto ad un valore f/11.
I numeri f sono calcolati in modo tale che diaframmando un obiettivo, ovvero chiudendolo di uno stop, per esempio da f/5.6 a f/8, si dimezza la quantità di luce che colpisce la pellicola.

L'otturatore è invece il dispositivo che regola il tempo in cui la luce entra attraverso il diaframma. Può essere meccanico o elettronico e di due tipi: centrale o a tendina.
L'otturatore centrale è formato da una serie di lamelle simili a quelle del diaframma (a iride) ed è posto all'interno dell'obiettivo. Poichè l'otturatore è comandato da un sistema di molle il tempo più veloce può essere di 1/500sec. o al massimo di 1/1000sec. e costituisce un limite quando vi siano condizioni di luminosità molto elevata o quando si debbano fotografare soggetti in movimento utilizzando tempi di scatto molto veloci per congelarne il movimento, come nella fotografia sportiva. L'otturatore centrale ha il vantaggio di permettere la sincronizzazione del flash su tutti i tempi di scatto.


otturatore centrale


L'otturatore a tendina  è posto invece sul piano focale, ovvero sullo stesso piano dove è posta la pellicola, e può essere in stoffa o metallo. E' composto da due tendine che scorrono verticalmente lungo il piano focale formando una fessura che lascia passare la luce.


 otturatore a tendina


Se il tempo richiesto è molto lento la prima tendina arriva a raggiungere il fine corsa prima che la seconda tendina entri in funzione oscurando la pellicola.
In caso di tempi più rapidi la prima tendina entra in azione e in base al ritardo della seconda si forma una fessura che impressiona il fotogramma progressivamente.

Per quanto riguarda i valori esposimetri vale lo stesso discorso fatto per i diaframmi, ovvero se si aumenta di uno stop il tempo di otturazione lasciando invariato il diaframma si raddoppia la quantità di luce che raggiunge la pellicola.


L'esposizione viene misurata in EV (Exposition Value) attraverso l'uso di un esposimetro, uno strumento in grado di calcolare la corretta coppia tempo-diaframma, e questo può essere di due tipi, a luce riflessa e a luce incidente.

Gli esposimetri a luce riflessa sono quelli che si trovano comunemente all'interno delle fotocamere e funzionano puntando la fotocamera verso la scena da fotografare. Il sensore posto sulla fotocomera misura la quantità di luce riflessa dal soggetto fotografato determinando i valori esposimetrici. I valori sono visualizzati all'interno del mirino attraverso un ago galvanometrico o un led che indica la corretta esposizione o la sovra-sotto esposizione.

Gli esposimetri a luce incidente sono invece esterni e devono essere posizionati accanto al soggetto da fotografare puntando la semisfera di cui sono dotati verso la fotocamera.

esposimetro esterno a luce incidente


Se il contrasto luminoso della scena è elevato bisogna puntare l'esposimetro anche verso la fonte luminosa e mediare la lettura.

Gli elementi fotosensibili contenuti all'interno degli esposimetri sono cambiati nel corso degli anni e sono il selenio, il solfuro di cadmio (CdS) e il silicio.

Il selenio, più precisamente il solfuro di selenio, reagisce alla luce emettendo una debole corrente elettrica misurata da un galvanometro. Ha bisogno di un'ampia superficie per funzionare e di una certa quantità di luce, cosicchè in scarse condizioni di luminosità non funziona correttamente. Il principio è lo stesso dei pannelli solari, che sono attivi solo in presenza di luce. E' piuttosto lento e ha bisogno di stabilizzarsi prima di poter effettuare una nuova lettura. Ha una vita più o meno lunga e, proprio a causa della luce, con il tempo si esaurisce. Per tutti questi motivi non viene più usato nelle moderne fotocamere.

Il solfuro di cadmio funziona come una resistenza facendo passare una certa quantità di corrente elettrica in funzione della luce presente, corrente che viene fornita da una pila. Il CdS è però piuttosto lento e ha bisogno di stabilizzarsi allo stesso modo del selenio, si dice quindi che soffra del cosiddetto "effetto memoria" che costringe il fotografo ad attendere un pò di tempo prima di effettuare una nuova lettura. A differenza del selenio, soggetto ad esaurimento, gli esposimetri al solfuro di cadmio funzionano sempre, semplicemente cambiando la pila quando questa è scarica.

Il silicio, come il selenio, emette una debole corrente elettrica se esposto alla luce, ma non è lento nella risposta come il selenio o il solfuro di cadmio, anzi, la risposta è molto rapida. Per questo motivo è utilizzato nelle moderne fotocamere digitali.

Gli esposimetri permettono di effettuare la lettura dei valori con diversi metodi, a seconda dei modelli. La lettura media viene effettuata su tutta l'area inquadrata e conduce spesso a risultati poco attendibili, specie in presenza di forti contrasti luminosi.
La lettura media con prevalenza centrale, detta anche semispot, è invece più precisa. Vengono effettuate due letture da due diversi sensori, che rilevano i dati sulla zona centrale e sul resto dell'area inquadrata, fornendo una media dei risultati ottenuti.
La lettura spot è un tipo di rilevamento che avviene soltanto su una zona ristretta dell'area inquadrata, e può essere regolata dall'operatore su diversi valori. Va utilizzata soltanto in taluni casi molto specifici, per esempio quando si debbano effettuare letture su una zona del soggetto che si ritiene illuminato in maniera corretta. E' il caso per esempio dell'inquadratura di un cantante il cui viso è illuminato dalle luci del palcoscenico in un contesto generale molto scuro. Una volta effettuata la lettura su quell'area, si bloccheranno i valori esposimetrici rilevati componendo poi la giusta inquadratura.
La lettura multizona o matrix è un metodo di lettura più recente e si basa sui dati forniti da diversi sensori che effettuano dei calcoli in base a determinati algoritmi confrontando poi i risultati con una serie di scene standard memorizzate nella fotocamera e scegliendo quindi i valori più appropriati. Questo sistema, brevettato da Nikon, è senza dubbio uno dei più avanzati ed è stato utilizzato per la prima volta sulla Nikon FA nel 1983.

Il calcolo dei valori esposimetri deve tener conto di un altro importante fattore: la sensibilità della pellicola fotografica (o del sensore). Una pellicola a bassa sensibilità richiede infatti un tempo di esposizione più lungo rispetto ad una pellicola più sensibile. Per questo motivo le pellicole a bassa sensibilità sono definite pellicole lente e quelle ad alta sensibilità pellicole veloci. La sensibilità di una pellicola si misura in ISO e/o ASA. Quanto più alto è questo numero tanto più sensibile è la pellicola. Anche in questo caso il passaggio da un numero ISO/ASA al successivo viene definito stop, cosicchè anche la quantità di luce raddoppia o si dimezza passando da un valore ISO ad un altro.



Gli esposimetri sono tarati per fornire una lettura che sia in grado di riprodurre in maniera corretta il tono medio, il quale corrisponde ad un valore di riflettanza del 18%. E' stato scelto questo valore perchè la superficie terrestre riflette in media il 18% della luce, ma una superficie perfettamente bianca, per esempio una parete illuminata dal sole, riflette circa l'85% della luce (Forti: "Fotografia - Teoria e pratica della reflex" pag. 163), mentre una parete nera riflette soltanto il 3-4% della luce. Questo ci indica che non sempre le indicazioni fornite dal nostro esposimetro possono riprodurre in maniera corretta i soggetti fotografati, specie quando vi siano forti contrasti luminosi.
L'esposimetro non conosce la differenza fra una parete bianca e una parete nera, considerandole entrambe come un superficie grigia al 18% i cui toni siano l'uno troppo chiaro e l'altro troppo scuro. L'esposimetro fornirà quindi una lettura sottoesposta della parete bianca e una lettura sovreaesposta di quella nera. Di conseguenza la parete bianca verrà riprodotta più scura rispetto a come la vediamo e la parete nera più chiara. Compito del fotografo, in presenza di situazioni di questo tipo, sarà di aprire il diaframma di uno o due stop per riprodurre correttamente la parete bianca, e di chiuderlo allo stesso modo per riprodurre correttamente quella nera.
Un fotografo attento saprà valutare all'interno della scena se vi siano dei particolari in grado di riflettere il tono medio, così da poter agevolare la lettura da parte dell'esposimetro. Una lettura effettuata su di un'area di tono medio potrà fornirci i corretti parametri di scatto, oppure potrà essere utilizzato uno degli appositi cartoncini grigi al 18% facilmente reperibili nei negozi di fotografia. Su di esso si punterà la nostra fotocamera e, bloccando i valori esposimetrici, si effettuerà lo scatto. Facciamo notare che è per questo motivo che molte fotografie scattate sulla neve riproducono un tono più grigio di quello realmente esistente al momento dello scatto. Lo stesso succede quando si fotografa la superficie molto illuminata del mare. Il risultato sarà quasi sempre di riprodurre un tono dell'acqua molto più scuro di quello reale. E' solo conoscendo il modo in cui lavora un esposimetro che si potranno scattare fotografie più belle e  correttamente esposte.


lunedì 16 gennaio 2012

Fotografia analogica: Yashica Mat



La società giapponese Yashica ha costruito per quasi trent'anni, a partire dal 1957, una serie di fotocamere TLR 6x6 che hanno avuto una grandissima diffusione in ogni parte del mondo.
Fino alla metà degli anni '50 la società giapponese costruiva macchine soltanto discrete, ma con l'avvento della Yashica Mat le cose hanno cominciato a cambiare. I primi modelli Yashica Mat, le cui caratteristiche estetiche sono molto simili alle Rolleiflex dell'epoca,  montavano obiettivi Lumaxar 75mm (f3.2 visione, f3.5 ripresa) seguiti da un 80mm con le stesse specifiche. In seguto l'obiettivo è stato ribattezzato con il nome Yashinon e presentava lo stesso schema a 4 lenti in 3 gruppi del famoso Tessar, l'obiettivo concepito nel 1902 dal fisico tedesco Paul Rudolph e brevettato dalla Carl Zeiss.




Al primo modello Yashica Mat del 1957 è seguito il modello LM (Light Meter) del 1958. Si tratta di una fotocamera fornita di esposimetro al selenio con otturatore centrale Copal e tempi di posa che vanno da 1 sec. a 1/500 sec. più la posa B, con sincronizzazione del flash a tutte le velocità.



Il corpo è interamente in metallo rivestito di pella nera e pesa 1,2 Kg circa. Il trasporto della pellicola e il caricamento dell'otturatore avviene attraverso una manovella posta sulla destra della fotocamera, sistema che verrà mantenuto fino all'ultimo modello della serie Mat, il 124 G. Una delle caratteristiche di tutti i modelli Yashica Mat è lo strano rumore emesso dalla manovella quando viene azionata.
Lo schermo smerigliato del mirino a pozzetto è una lente di Fresnel con una griglia di linee rosse per facilitare la composizione. La messa a fuoco può essere coadiuvata da una lente di ingrandimento 3x posta nella parte superiore del pozzetto.

Nel 1964 esce un nuovo modello, la Yashica Mat EM (exposimeter), dotata anch'essa di un esposimetro al selenio per la misurazione della luce che, come quello montato sulla Yashica Mat LM, non necessita di una batteria per essere alimentato. L'utilizzo dell'esposimetro montato sulla Yashica Mat EM è molto più semplice del modello LM, nonostante l'evidente limite del suo inevitabile esaurimento.
Le pellicole utilizzabili in questi primi modelli sono soltanto le 120.


Prima dell'avvento delle Yashica Mat 124 sono usciti due diversi modelli che permettevano di caricare pellicole 120 e 220, rispettivamente la Yashica 12 e la Yashica 24. La Yashica 12 è uscita nel 1967, un anno dopo l'uscita della 24, ed entrambe erano dotate di esposimetro al Cds (solfuro di cadmio) alimentato da una batteria al mercurio.


La Yashica Mat 124, uscita nel 1968 e prodotta fino al 1971, permette di montare sia pellicole 120 sia pellicole 220 (da qui la contrazione delle sigle dei precedenti modelli). Monta gli ormai collaudati obiettivi Yashinon 80mm a schema Tessar, otturatore centrale Copal ed esposimetro al Cds alimentato da una batteria al mercurio da 1,35 V.


Il modello 124 è del tutto simile al successivo e ultimo modello della serie Mat, il 124 G, prodotto dal 1970 al 1986. Le uniche differenze sono un corpo con parti cromate per la Mat 124 e un corpo tutto nero per la 124 G. Inoltre la Mat 124 G ha parte dei contatti elettrici dorati, da cui la sigla G (Gold).
Ancor prima di uscire in commercio venne considerato come un modello obsoleto, eppure ebbe un grandissimo successo in tutto il mondo. Se ne possono trovare esemplari in perfetto stato in grado di fornire ottimi risultati e dare grandi soddisfazioni agli amanti della fotografia analogica di qualità.


I modelli Yashica 12 e 24 e Yashica Mat 124 e 124 G montano baionette del tipo Bay 1 (B30) quindi possono montare i paraluce, i filtri e gli accessori Rolleiflex. 

Per questi modelli è inoltre possibile sostituire le batterie al mercurio dell'esposimetro al Cds con semplici batterie da 1,5 V, visto che le batterie al mercurio non vengono più prodotte. Basta tener conto della differente lettura sottoesponendo di circa 1 stop.

Un'altra nota importante riguarda le lenti. Gli Yashinon 80mm sono ottimi obiettivi ma non hanno un'adeguata protezione antiriflesso.
Consiglio quindi di acquistare un paraluce per contrastare il flare prodotto dalla luce laterale.